(Tratto dal romanzo giallo “Dieci piccoli napoletani”, edito da Fanucci nella collana Nero Italiano di Time Crime)
[…] Di materiale non ne mancava: quel salone sembrava un ipermercato di varia umanità.
Scaltri preti rubizzi che trincavano a go go e audaci suore ridanciane che viaggiavano a tre a tre; solerti dirigenti statali in abito grigio e calzini bianchi; grossi, medi e piccoli commercianti di sé stessi; grandi industriali che mendicavano misure a favore del loro sviluppo; ricche signore cinquantenni che inciuciavano sulle loro migliori amiche; signorine che rallegravano i mariti delle pettegole, improbabili galletti rosolati in barca a vela o in uva; ragazzi col cervello in vacanza alle Maldive in astinenza da coca, accompagnati da ragazze bene in astinenza sessuale;
volontari senza volontà; fanatici, fanatiche e natiche in bella vista con o senza fan; intellettuali a gettoniera, abili dispensatori di aforismi datati; geniali architetti progettisti di ponti che non toccano mai terra, di edilizia impopolare, di fontane senza fonte; giornalisti salottieri in cerca di un padrone più potente, egregi conversatori, penne conficcate su una forchetta e vena polemica recisa dalla nascita;
politici nazionali con la pipa spenta in bocca, sindacalisti nazionali con mezzo sigaro spento tra le labbra, politici locali con un intero sigaro fumante, sindacalisti locali pieni zeppi di sigarette, e portaborse con mezzo sigaro toscano conficcato nel sedere; massoni da evitare, se li conosci, perché senza cappuccio; vaiasse, capibastone, caporioni e altri esperti in comunicazioni di massa, social media e flussi clientelari.
Tutti indispensabili ingranaggi della costosa macchina elettorale. […]
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