Il paradosso del Covid

In tanti, in questi due anni di pandemia, abbiamo vissuto (direttamente o indirettamente) la faccia disumana del covid: il distanziamento forzoso, la lontananza fisica, il dover evitare gli abbracci e i baci, o (ipotesi più dolorosa di tutte, perché inesorabile) la negazione dell’ultimo saluto.

Eppure, tutta questa esperienza di dolore ha un risvolto, se così si può dire, positivo: io lo chiamerei “il paradosso del covid”.

Si tratta di una valutazione ottimistica che proprio non appartiene alla mia natura, ciò nonostante è scattata come una molla nella mia mente grazie alle telefonate, casualmente in successione, di tre delle mie amiche più care, che sembrano essersi sincronizzate negli ultimi due giorni inconsapevolmente.

Ed ecco il paradosso.

Il covid è una malattia che divide non solo fisicamente, ma anche mentalmente. È una malattia che separa le persone in categorie: vaccinati e non vaccinati, fragili e “forti”, rigorosi ed elastici, paurosi e impavidi, casalinghi e mondani…

Differenze che sono sempre esistite, ma che il covid ha improvvisamente accentuato.

La cosa strana (e paradossale, appunto) è che, a voler guardare queste differenze da un altro punto di vista, il virus, al contrario, ha avvicinato profondamente chi la pensa allo stesso modo.

In generale, confrontarsi solo con persone che la pensano come te non è un bene: è solo grazie al confronto con ciò che è diverso che si riesce a costruire un pensiero critico personale.

In questo caso, però, i simili si sono riconosciuti tra loro e per molti è stata un’esperienza rassicurante.

A quasi cinquant’anni mi sono ritrovata a condividere i medesimi pensieri con gli amici che da sempre considero i più cari e questa cosa mi ha confortato.

Non nel senso che così credo di aver ragione io e che tutto il resto del mondo sia nel torto. Semplicemente mi conforta l’essermi ritrovata tra miei simili, forse perché mi sono sentita fortunata per aver scelto bene le persone da amare. E parlare con loro, riconoscermi nei loro pensieri, mi ha profondamente consolato e sostenuto.

Grazie al virus, i simili si sono riconosciuti tra loro e per molti è stata un’esperienza rassicurante condividere le idee con gli amici più cari

Intendiamoci, non sto parlando di un “pensiero unico”, perché le differenze tra noi (per fortuna) resistono, ma sono quelle caratteriali. I massimi sistemi, invece, che rispecchiano i principi etici e morali, il rispetto per le regole e per il sociale, il senso della comunità, ecco, quelli sono identici e totalmente condivisi. Questo è confortante.

Oggi, perciò, spero che il covid sparisca al più presto anche per un altro motivo: vorrei tanto che mio figlio possa conoscere più mondi possibili, i pensieri più diversi e le persone più strane e lontane da lui, per potersi ritrovare un giorno con pochi, carissimi, suoi simili!