Esistono delle “perle di saggezza” con cui si cresce e che consideriamo delle verità inconfutabili e unanimemente acquisite. Punti di riferimento certi e inviolabili.
Si tratta di frasi come: «la fretta è cattiva consigliera», «le bugie hanno le gambe corte», «gli occhi sono lo specchio dell’anima», che diventano assiomi che mai penseremmo di mettere in discussione.
Ma poi arriva la pandemia e fa crollare, una alla volta, tutte le certezze che si hanno. Anche le più radicate.
Mi riferisco in particolare agli occhi come specchio dell’anima.
Quante volte abbiamo comunicato un sentimento attraverso un semplice sguardo: la comprensione rivolta ad un amico che ti confida una difficoltà, l’interesse intrigante verso un uomo che ti attrae, la complicità con il partner, un bonario rimprovero per la marachella di un figlio. Ma anche l’approvazione per un comportamento che condividiamo, la rabbia che non si può esprimere, il compiacimento per un lavoro di gruppo portato a termine in tempo. Mille e mille volte abbiamo effettivamente detto tanto solo attraverso un’occhiata.
Fino a un anno fa ero fermamente convinta che fossero gli occhi, e soltanto gli occhi, a parlare. Mi ero sbagliata.
Avete provato a esprimere compiacimento con la mascherina? Bisogna stendere gli occhi così tanto da diventare cinesi! (Ovviamente so che questo paragone oggi è politicamente scorretto, ma faccio parte di una generazione per la quale questa similitudine era consentita, per fortuna).
E per disapprovare qualcuno o qualcosa dietro una FFP2? Bisogna aggrottare la fronte fino alla paralisi per farsi capire!
Per non parlare dello stupore… Fino a che grado di altitudine riuscite ad arcuare le sopracciglia?
Insomma, in barba alle perle di saggezza, gli occhi senza il resto del viso non riescono a fare granché, questo è sicuro.
Da qualche giorno ho fatto la seconda dose di vaccino. Ancora non so quando avrò il coraggio di togliere la mascherina in pubblico. So per certo, però, che non vedo l’ora che i miei occhi ricomincino a parlare, a viso scoperto!